[IT] 66 libri dopo
Quasi 500 giorni dopo aver smesso di creare contenuti attivamente sui Social - LinkedIn non vale: lezioni imparate e tempo riscattato.
6 agosto 2021.
Quasi vacanza estiva, una di quelle prenotate più a ridosso della partenza, tipo il 3 agosto. Destinazione: Marina di Gioiosa Ionica.
A queste ferie ero:
Completamente lesso per questioni lavorative e non solo.
Compulsivo nel creare e frequentare piattaforme che, per dirla con Daniel Ek, competono nel guadagnarsi la nostra attenzione.
Continuamente attaccato allo smartphone, come regola di vita. Spoiler: questa cosa non l’ho ancora risolta 😅.
Avevo bisogno di un break e quindi ho deciso di sostituire il mio telefono principale con questa riedizione di Nokia, un 3310. Ci ho infilato la SIM con il mio cellulare di lavoro, quello che i clienti conoscono e che non smettono di usare più o meno impropriamente.
Porto con me anche il mio iPhone ma aveva il mio numero privato, che ho dato a letteralmente 10 persone in tutto e che avrei usato solo per ascoltare musica e Podcast. Poco WhatsApp, niente sul numero più diffuso, con più contatti.
Non solo digital detox, comunque non proprio
Come effetto collaterale, anche particolarmente ricercato devo dire, dell’adottare un cellulare che non aveva a disposizione tutto il mio parco App e connessioni, c’era l’idea di non voler più consultare compulsivamente le piattaforme social che più si contendevano la mia, di attenzione: Facebook - per ragioni di età direte? Forse ma anche per entità della rete di relazioni creata - e Instagram.
L’unico gingillo elettronico che sarebbe venuto con me per tutta la vacanza era un Kindle. Preferito ai libri cartacei per ragioni di praticità per lo più. Un solo oggetto da portare che contiene svariate centinaia di libri.
Quest’effetto collaterale ha generato una reazione a catena: durante 15 giorni di ricarica solare (sì, grazie della premura, la crema solare la metto, la 50 😌) ho letto tipo 7 libri.
Grazie anche a Baku, essere mitologico che si dice sia il mio migliore amico, nonché aviderrimo lettore, ho scoperto Never let me go di Kazuo Ishiguro, delicatissimo e spietato libro distopico, di cui poi ho letto altri due imprescindibili titoli: Quel che resta del giorno e Klara e il Sole.
Sì credo proprio che il ragazzo abbia buone possibilità di carriera.
Vi vedo: vabe’ quanti fumetti? Quanti libri di lavoro? Fumetti, o meglio graphic journalism: uno. Libri di lavoro nessuno. Un manuale per far sopravvivere le piante in casa: il mio pollice verde deve migliorare parecchio 😅
In mezzo a questo ci sono stati anche due libri di Wu Ming, una specie di compagnia di viaggio per la mia vita: L’armata dei sonnambuli, molto simpatico devo dire, e Proletkult, godibile… Non ho gridato al miracolo, però.
Poi mi immagino anche - complice la mia immensa coda-de-paja - le facce tipo: ecco ora si vanta di quanti libri ha letto grazie al digital detox.
No, la qualità (non) ci ha rotto il c#@%o
Non è esattamente questo. O meglio, è anche questo, perché trovo incredibile che, long story short, 500 giorni dopo quel giorno, io ne abbia cominciati e finiti 66. Ma il punto non è mai sulla quantità, piuttosto sulla qualità. La qualità dell’alimentazione che il mio cervello mi richiedeva.
In sostanza, il tempo non impiegato più a scrollare infinitamente sulle timeline di Facebook e Instagram in cui, per la maggior parte del tempo, leggevo e scandivo i contenuti lo stavo impiegando per leggere, guidato da un cervello avido di nuove idee, nuovi spunti, nuove prospettive.
Sono riuscito a sostituire un atteggiamento da tossicodipendente, ovvero lo scrolling compulsivo legato alla FOMO - Fear Of Missing Out, la ricerca spasmodica, e forse altrettanto tossica e patologica nella foga, di nuovi contenuti meravigliosi da ri-scoprire.
Però questo ha creato un’abitudine, una routine positiva. Abbastanza da farmi arrivare a questo numero che sembra stratosferico in valore assoluto: 66 libri letti in un anno e mezzo. Riportata sull’anno, per darvi una metrica, si tratta di circa 3 volte la media degli avidi lettori in Italia.
Una routine che poi ho sistematizzato e scoperto grazie, indovinate un po’, a un altro libro: Atomic Habits. Si basa su un concetto matematico molto semplice, se volete.
Che vuol dire: se faccio la stessa cosa nella stessa maniera ogni giorno per un intero anno (non bisestile), sempre lo stesso risultato posso ricavare.
Ma, se faccio un piccolissimo progresso al giorno, costantemente per tutto l’anno, questo diventa un po’ più interessante, anche matematicamente.
Il ritorno aritmetico è 37,78 volte maggiore, questo solo in termini quantitativi, non ancora qualitativi.
“I piccoli progressi (+1%), se cumulati giorno dopo giorno, esplodono in una crescita esponenziale.”
Nel caso specifico per me ha significato che il tempo speso a cercare di stare al passo con argomenti eterodiretti e con punti di vista che mi risultavano tossici, l’ho progressivamente recuperato, investendolo in altri spunti, altre idee, altri mondi fantastici o fattuali.
Chiaramente questo vale se l’1% quotidiano è un progresso. Vale lo stesso, in senso opposto se facciamo dei passi indietro costantemente.
È abbastanza una banalità, chiaro. Ma la costanza e la voglia di perseguire un miglioramento di sé, ha un ritorno concreto, tangibile e misurabile.
Tornando alla lettura, quindi non serve farsi solo delle gran scorpacciate di libri periodicamente. Serve farlo con costanza.
Non leggo in ogni momento possibile, leggo la mattina con il mio caffè che prendo rigorosamente a letto, con calma, e la sera prima di addormentarmi.
Aggiungo poi, qualunque lavoro facciate, variegare la propria dieta letteraria. È importante nutrirsi di generi diversi e non alimentarsi solo del proprio argomento di lavoro.
Immaginatevi come persone appena conosciute a una cena che per tutta la durata della cena, o a una festa, parlano sempre e solo dello stesso argomento.
Magari è avvincente, per i primi 20 minuti, poi però diventa mono-maniacale.
Altro piccolo effetto collaterale, piacevole
Aver abbandonato completamente la sensazione di dover appartenere a La società della performance e quindi non sentire più la necessità di dover pubblicare qualcosa ogni giorno (Facebook, Instagram, Twitter o Tik Tok - di cui non ho neanche l’account, ma neanche LinkedIn che uso più spesso per ragioni lavorative) mi ha distolto con gioia dalla necessità di dovermi necessariamente polarizzare sui punti di vista che leggo nelle bolle di filtraggio (le famose filter-bubble o echo chamber) in cui comunque esprimiamo punti di vista più difensivi e conservativi rispetto alle nostre convizioni.
In particolare non frequentare più la quotidianità di Facebook e Twitter mi aiuta a cercare fonti di informazione più ponderate e approfondite: ad esempio podcast o siti di informazione degni di questo nome.
Nonostante l’astio che mi ha generato come iniziativa da parte degli amici de La Repubblica e il loro censurabile Cookiewall, poi ripreso da molte altre testate, in realtà li ringrazio: mi informo quotidianamente su Il Post, Domani, New York Times e questo mi rende meno superficiale.
Voglio ancora migliorare
Vorrò essere meno attaccato e dipendente dal mio smartphone, su cui vi racconto una storia molto interessante, almeno secondo me.
Qualche mese fa ho cambiato lavoro perché la mia, storica, agenzia NOIS3 è stata acquisita da Caffeina e sono diventato Head of Design di quest’ultima, nella unit di Digital Product che si chiama Dynamo.
Sì siete autorizzati assolutamente a dire “ecchissenefrega”, ma non è questo il punto.
Il punto è che per la prima volta mi è stato dato un nuovo smartphone, un altro iPhone, gestito da loro e con un numero di Caffeina.
Io non dimentico mai il mio iPhone personale, mai per nessuna ragione.
Il telefono di lavoro l’ho virtualmente perso o dimenticato decine di volte. Non essendoci niente di me, o di mio, non è un elemento interessante o cruciale.
Non c’è un pezzo della mia vita dentro, quella digitale, è solo un coso di ferraglia che costicchia. Questo mi pare un argomento molto interessante da esplorare di più e probabilmente lo farò nelle prossime settimane.
Suggerimenti e ringraziamenti (non richiesti) di lettura e non solo
Beh innanzitutto a Baku, spacciatore di spunti che, oltre a Ishiguro, mi ha suggerito di leggermi Stanislaw Lem (di origine ucraìna peraltro, di Leopoli) e il suo Solaris: un viaggione totale nell’ontologia e la percezione di sé.
Poi a Veronica Raimo, che con il suo “Niente di vero”, mi ha restituito una nuova consapevolezza delle famiglie disfunzionali e anche un tot di sorrisi. Certo Christian mio, come stiamo combinati male eh…
A Gödels, Escher, Bach: un’eterna ghirlanda brillante che, pur non essendo riuscito ancora a finirlo, mi ha ridimensionato come ne avevo bisogno.
A Cognetti e alle sue otto montagne, un bello spaccato sul senso dell’amicizia, anche in un ambiente, quello montano, che non amo particolarmente se non per periodi limitati, almeno per ora.
Ishiguro l’avemo citato… Ah e leggetevelo in lingua, scrive in inglese…
Fammi pensa’…
Ah ma lo sapete che L’amica geniale non è affatto male? Non pensavo.
EDIT.
Ma come ho fatto a dimenticarmi J. R. Moehringer?
Grazie a Paola ❤️ per avermi fatto scoprire Il Bar delle Grandi Speranze, dopo aver letto Open, anche Oltre il fiume è davvero godibile.
Figata, ruberò qualche spunto. Il concetto espresso in atomic habits è un game changer!